Congelare la fugacità delle visioni oniriche, conferire consistenza alle fughe a occhi aperti nella dimensione immaginaria: per Alessandro Albert la pratica dell’autoritratto fotografico costituisce un’occasione per proiettarsi nello spazio dell’illusione.
Classe 1965, torinese, autodidatta, si avvicina alla fotografia in giovane età, da un lato per prendere appunti visivi, preservare i ricordi, dall’altro per costruire un dialogo con se stesso e con gli altri, cogliendo sin sa subito le potenzialità relazionali e comunicative del medium. L’approccio intimista e diaristico, peculiare dei suoi esordi come fotoamatore, cede il passo a uno sguardo più freddo e distaccato che caratterizza i reportage nati dal sodalizio artistico con l’amico Paolo Verzone. Nel 1991 e nel 1994 il duo Albert&Verzone avvia due progetti a lungo termine, The Moscow Project e Seeuropeans, che a più riprese li portano, rispettivamente, lungo le strade di Mosca e le spiagge di diverse località balneari europee, dove realizzano, con sistematicità schedativa, ritratti frontali e diretti di passanti e bagnanti anonimi. L’interesse e il successo riscosso da questi lavori aprono le porte a collaborazioni con agenzie e testate rinomate, dando avvio a un percorso professionale che lo conduce a specializzarsi come ritrattista, ma anche a mettere da parte la vocazione per la ricerca pura che gli aveva permesso di esprimere la propria creatività e di rivolgere verso se stesso l’obiettivo.
Una vocazione che torna a coltivare nel 2007 quasi per gioco, con la serie Greetings, realizzata con moglie e figli. I bigliettini di auguri natalizi per parenti e amici, nei sei anni successivi, non accolgono il canonico ritratto di famiglia, dalle pose stereotipate, scattato accanto a caminetti o abeti scintillanti, bensì bizzarre mise en scène caratterizzate da una sferzante ironia: dalla seduta spiritica montata su un cartoncino firmato Nadar, al gioco delle teste scambiate tra genitori e figli, passando dalla moltiplicazione dei loro corpi vestiti di tutto punto, fino alla finta tournée musicale nella metropolitana di Torino, con tanto di microfono, chitarra, basso e pianola. Ed è così che Greetings entra a pieno titolo in quel corpus di lavori che Albert definisce “paracosmi”: mondi alternativi, autonomi, regolati da leggi proprie. Mondi dove tutto è possibile, resi concettualmente credibili dalla fotografia, in virtù del valore probatorio che comunemente le si attribuisce.
A tale corpus appartengono, tra gli altri, i lavori Comfortably numb e Albertaciu. Il primo è costituito da una serie di autoritratti che lo immortalano mentre levita, emerge da una parete o da uno specchio, si sdoppia, legge James Joyce eretto e in perfetto equilibrio, pur avendo un solo piede sulla banchina del Po, l’altro penzola senza nessun appoggio dal lato del fiume. Attraverso vari fotoritocchi, fotomontaggi e giochi prospettici, la realtà è manipolata al fine di materializzare idee e visioni, «che sono –scrive l’autore in un testo introduttivo montato in una delle immagini– come lampi, a volte in sogno, altre volte durante il giorno. Le annoto in una lista altrimenti me le dimentico. Dopo mesi, a volte dopo anni, le metto in scena e le scatto. È un lavoro che dubito possa essere un giorno terminato». Il secondo ha, invece, come protagonista Albertaciu, l’alter ego dell’autore che dà il titolo alla serie ed è il frutto della fusione tra il suo cognome e “babaciu”, pupazzo nel dialetto torinese. Albert commissiona, infatti, un pupazzo di piccole dimensioni, ma a sua immagine e somiglianza, a Michele Guaschino – specializzato in animatronica, scultura iperrealista, modelli anatomici, effetti speciali del make-up, che nel mondo dell’arte e dello spettacolo vanta collaborazioni con Maurizio Cattelan e Luca Ronconi. Nasce così Albertaciu, il quale prende il posto dell’Albert in carne ed ossa in una serie di scatti all’insegna dell’autoironia, dove lo vediamo in pigiama seduto sul bordo di un letto dell’ospedale Le Molinette, in giacca e cravatta tra gli scaffali di un archivio storico, in versione punk con tanto di cresta e chiodo di pelle sul lungopò o in versione clochard che si aggira per una piazza della città.
Il suo lavoro, sempre in bilico tra illusione e fuga nell’immaginario all’insegna dello humor, offre spunti di riflessione rispetto ai quali proponiamo alcune letture di approfondimento. Riportiamo di seguito una selezione di cataloghi di mostre, saggi, testi critici che hanno affrontato queste tematiche trasversali alla storia della fotografia.
Approfondimenti per “Selfportrait as Myself”
Per ogni incontro il FAF propone una serie di letture e spunti di riflessione sui temi. Iniziamo con le letture consigliate dopo l’incontro con Alessandro Albert.